Il 28 luglio 2016 alla Camera dei Deputati il Partito Democratico ha presentato l’Africa Act, un progetto di legge che contiene un “pacchetto di misure per rilanciare le relazioni tra l’Italia e il continente africano, in una logica di co-sviluppo”.
Lia Quartapelle, capogruppo PD alla Commissione esteri della Camera, ideatrice e promotrice della legge ha presentato così la proposta: “La profondità strategica della politica italiana si trova in Africa” spiega: “Sfide globali come migrazioni, cambiamenti climatici e terrorismo possono essere risolte solo attraverso la cooperazione, insieme”. Il governo, di fatto, ha già sostenuto la proposta con il sostegno del Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, secondo cui “l’Africa Act è un’elaborazione della posizione politica importante, sulla quale si può investire”.
L’impostazione dell’Africa Act ricalca quella della legge di riforma della cooperazione, con il focus sull’alleanza pubblico-privato. Ecco allora la creazione di un trust-fund presso la Cassa depositi e prestiti, per attrarre anche le risorse del settore profit. L’assunto è che i fondi per l’aiuto allo sviluppo sono e resteranno pochi. Il governo promette di raggiungere lo 0,25 per cento del Prodotto interno lordo entro fino anno, sorvolando sull’impegno dello 0,70 sottoscritto in sede Ocse. Ma tant’è. Meglio rimboccarsi le maniche, dicono al ministero degli Esteri, descrivendo l’Africa Act come parallelo al Migration Compact proposto all’Unione Europea: entrambe le iniziative vorrebbero favorire uno sviluppo economico “indispensabile anche per una corretta gestione dei fenomeni migratori”.
L’Africa Act rappresenta uno strumento che prevede misure legislative e operative tese a rafforzare la presenza italiana in Africa. Abbiamo consapevolezza della nuova centralità del continente e crediamo che la cooperazione possa essere la soluzione dei problemi. La sfida è quindi lanciare una “nuova via con l’Africa”, al fine di assicurare che questa parte del pianeta non sia più territorio di sfruttamento, di insicurezza e di migrazioni di massa, ma un continente dove pluralismo e coesistenza delle società si possano affermare in un contesto di pace e di sicurezza, nel quale le opportunità economiche servano a chi abita il continente e funzionino come mercato fertile anche per le nostre economie.

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